Luca Fieschi

LUCA FIESCHI (Genova 1270 circa / Avignone 1336), nipote di Adriano V, pronipote di Innocenzo IV, figlio di Nicolò Fieschi, era predestinato dalla nascita alla carriera ecclesiastica.

Apparteneva alla casata guelfa dei conti di Lavagna, prestigiosa famiglia genovese. Ordinato cardinale non ancora trentenne da Bonifacio VIII con il titolo di S. Maria in Via Lata è uno dei simboli di Genova nella sua epoca, per devozione e dedizione, per il ruolo di benefattore ma anche di politico e diplomatico esercitato in Europa nei suoi 36 anni di cardinalato, per l’acclarato amore verso la storia, i libri e i codici raffinati che collezionava e soprattutto le opere d’arte.

Solo per citare gli episodi più noti che lo riguardarono si ricordi il suo intervento in difesa del Pontefice nella vicenda dello “Schiaffo di Anagni” o l’incarico di accompagnare, insieme ad eminenti membri della Curia papale Enrico VII (“l’alto Arrigo” citato da Dante) a Roma per essere incoronato imperatore (nella basilica di S. Giovanni in Laterano il 29 giugno 1312 ad opera proprio di Luca Fieschi, Nicolò da Prato e il legato Arnaldo Guasconi) secondo quanto disposto già nel 1311 da Papa Clemente V oppure ancora il ruolo decisivo nel favorire la presa del potere dei guelfi a Genova nel 1313.

Tra le missioni ufficiali si segnala la partenza con una legazione nel 1317 per l’Inghilterra allo scopo di raggiungere la pace tra il re d’Inghilterra Edoardo II e il re di Scozia Roberto Bruce, che tuttavia verrà perfezionata solo 5 anni più tardi.

Tra il 1318 e il 1336 Luca Fieschi si stabilì principalmente ad Avignone, ma nel 1326 divenne Arciprete della Basilica di S. Maria Maggiore a Roma. La sua influenza e la ricchezza della casata è evidente, basti rammentare il celebre episodio del 1327, quando lo stesso Cardinal Fieschi prestò al Comune di Genova 9500 lire genovesi (l’equivalente di 7600 fiorini), tanto da ottenere in pegno il Sacro Catino, la reliquia per eccellenza, punta di diamante del Tesoro della Cattedrale di San Lorenzo. L’ultimo incarico di cui si hanno diverse, concordanti e comprovate fonti fu quello del 1331 quando, insieme a Jean Raimond De Comminges e Jacques Fournier, il futuro Papa Benedetto XII, gli venne affidato il compito di stilare e verificare il rapporto preliminare sulla vita e i miracoli di S. Ivo per la canonizzazione.

Il legame con Genova non venne mai meno, tanto da dettare nelle sue volontà, ancora lucido, la richiesta di sepoltura nella Cattedrale di San Lorenzo della sua città, dove era stato Canonico. Nell’anniversario della sua morte i Canonici avrebbero dovuto officiare la messa diurna e quella notturna, le cantate e nutrire 12 poveri ogni anno. Esecutori testamentari sulle prime i Cardinali Jacopo Stefaneschi, Pietro Ispano e Napoleone Orsini insieme a Manuele e Antonio Fieschi, notai papali e nipoti del defunto.