Mission
“Conservare, trasmettere e saggiamente amministrare pergamene e carte, libri manoscritti e stampati, opere artistiche di ogni genere custoditi dal Clero…”.
Con queste parole, nel 1923 il cardinale Gasparri, Segretario di Stato, sottolineava l’importanza della tutela del patrimonio artistico ecclesiastico, esortando contemporaneamente all’istituzione di Musei Diocesani.
Per chiarire la natura e la funzione del Museo Diocesano nell’ambito dei beni culturali ecclesiastici e dell’attività pastorale della Chiesa, possono essere richiamate due definizioni, la prima espressa da Giovanni Paolo II quando affermò che “I musei di arte sacra non sono depositi di reperti inanimati, ma perenni vivai, nei quali si tramandano il genio e la spiritualità della comunità dei credenti”; una seconda e altrettanto pertinente è quella che ne evidenzia la natura di “non museo” in quanto non ”luogo delle Muse” ma istituzione flessibile e dinamica che non va “disgiunta dal territorio e dalla comunità, dai musei civili e dalle vestigia sacre, poiché appartiene ad un sistema organico ed in evoluzione, oltre che ad una Chiesa viva e operante”.
La stretta connessione con il territorio di provenienza, il suo essere “a servizio” delle comunità parrocchiali è particolarmente evidente nella qualità del patrimonio artistico in esso conservato. Le parrocchie o altri enti ecclesiastici possono lasciare in custodia quelle opere o beni mobili che, ad esempio, per carenza di
sistemi di custodia o sorveglianza, per esigenze conservative non più soddisfacenti, per sopraggiunte necessità di spostamenti motivati da interventi di ristrutturazione edilizia oppure perché vicende storiche hanno cancellato l’esistenza della cappella o dell’oratorio per cui l’opera era stata realizzata, non è possibile mantenere nei luoghi di provenienza; pre-condizione è, naturalmente, la cessata funzione liturgica dell’opera.
Il Museo si incarica quindi della sua conservazione, tutela e valorizzazione, in accordo con l’ente depositante; si tratta pertanto di un patrimonio museale “in prestito” che sottintende una sua restituzione alla comunità di appartenenza, qualora vengano meno le condizioni che ne hanno richiesto la conservazione in un ambito protetto.
Si tratta quindi non solo di conservare un’opera, ma anche di lavorare sul recupero dell’identità, sulla memoria storica di una comunità parrocchiale, richiamando alla mente che il bene culturale ecclesiastico non è solo traccia di un’antica gloria, ma esprime un primato, è frutto di una mentalità di fede appartenente ad una specifica comunità, che è stata da essa animata nel fare cultura.
Da questo assunto, ne deriva la necessità di far conoscere ai fedeli il patrimonio artistico e spirituale di una parrocchia, perché possa contribuire a riscoprire il senso di una tradizione che è durata fino ai nostri giorni, intrecciata in modo così profondo con la vicenda storica della comunità stessa nel suo fondarsi e nel suo continuare ad esistere.